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Cap.7 Il percorso suono-voce-parola nella relazione madre-bambino e nella relazione analitica pp. 117-128

 

Recensione

Boccardi affronta la tematica relativa al percorso suono-voce-parola nella relazione madre-bambino e nella relazione analitica. Parlando della prima mette in luce l’esperienza acustico-sonora del bambino nella vita prenatale che cambia al momento della nascita: infatti «non c’è più la mediazione del mezzo liquido – mezzo e di protezione e di trasmissione -, è perduta la costanza dei ritmi-base» e viene a conoscenza del silenzio, «dimensione impensabile nella vita fetale». Fin dai primissimi mesi di vita il bambino si esprime con una «straordinaria ricchezza e modulazione di suoni» che gli permettono di «conoscere, scoprire, raggiungere oggetti dalle realtà esterna»: il balbettio e le prime lallazioni si possono considerare come «un allenamento; un affinamento, un giocare a produrre e a riprodurre i suoni e i rumori dell’interno e dell’esterno» che utilizza per creare un dialogo-scambio con la madre. Si crea nel bambino un «un imprinting di determinati stimoli sonori» che nel moneto in cui vengono riconosciuti, lo portano a cambiare stato d’animo (ad esempio la voce della madre può portare un bambino a una situazione di inquietudine ad una di calma). Con il raggiungimento dell’utilizzo della parola il bambino prosegue «nel suo percorso di individuazione e separazione» e così si afferma, definendo la sua identità. Quindi «il suono, ritmo e la voce rappresentano componenti estremamente significativi nel processo di nascita psicologica del bambino, di crescita, di maturazione».
L’autrice continua riportando alcuni «flashes clinici», e introducendo l’argomento relativo alla relazione analitica: in cui le parole sono «il mezzo di scambio di contatto e di incontro», mentre la voce è il mezzo che porta le parole al paziente. È importante che nello svolgersi del processo analitico «si formi una sorta di contenitore linguistico [...] che permette di cogliere gli elementi simbolici allo stato nascente», così come accade nella relazione tra mamma e bambino in cui si formano particolari segni-fonemi che permettono la trasmissione del messaggio fino ad arrivare alla formazione del simbolo verbale».
Conclude affermando che «suono, voce, ritmo – che nella musicoterapia trovano il loro territorio applicativo-» possono «svolgere un’attività preventiva, terapeutica e riabilitativa, rappresentare un mezzo, volta a volta, adatto con le opportune applicazioni a stimolar, a smuovere inibizioni, condotte introverse, di isolamento e di apatia, oppure a contenere, contrastare ipereccitabilità, iperattività, instabilità».

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